Pidgin è un suono e una suggestione.
In due aggettivi? Ruvida. Sperimentale.
Abbiamo chiesto a Stefano Pirone di raccontarci la sua peculiare linea editoriale.
Pidgin nasce a Napoli nel 2017. Nomen omen, la dichiarazione d’intenti è chiara.
“Pidgin” è la lingua creata dalle persone allo scopo di comunicare, comprendersi.
“Pidgin” è figlia di una mescolanza tra una lingua straniera e una o più lingue indigene.
Si definisce così quella lingua che, se estesa a un’intera comunità, può originare una lingua creola.
L’obiettivo di creare, e fidelizzare, una comunità di lettori che si riconoscano subito nella forma e nei contenuti della casa editrice è chiaro ed efficace fin dai primi titoli.
Si va da romanzi sorprendenti come “Mira corpora” di Jeff Jackson alla flash fiction “Viscere” di Amelia Gray, da dialoghi e ritmi ossessivi di “Volevo essere Vincent Gallo” di Sergio Oricci all’ultima novità nel campo della non fiction, la collana di saggi-memoir a cura di Sara Verdecchia inaugurata da “Stanotte sono un altra” di Chelsea Hodson.
Lo stile? Diretto, incalzante, preciso. La veste grafica segue la stessa linea di essenzialità e immediatezza: pochi cromatismi che suggeriscono di volta in volta atmosfere surreali, oniriche, psichedeliche, perturbanti.
I temi? Un’attenzione spasmodica al canto della strada, alla violenza e al grido degli ultimi, alle condizioni umane marginali e periferiche.
Nel segno di una Voce a più voci forte, dotata di personalità e riconoscibilità.
Buon ascolto e, soprattutto, buona lettura!
La sigla di questo podcast è "Crunchy" di Carmine Prestipino
Registrata e mixata al Creepnotic studio.
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